Le maschere italiane by Nicola Fano

Le maschere italiane by Nicola Fano

autore:Nicola, Fano [Fano, Nicola]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, L'identità italiana
ISBN: 9788815301826
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2011-10-14T22:00:00+00:00


La parodia andò in scena nel 1904 e fu un disastro. Innanzitutto, perché Il figlio di Jorio è un copione mal riuscito: l’ultimo di Scarpetta. Poco prima del debutto, l’autore portò il suo testo al cospetto del Vate; non c’era bisogno di autorizzazione vera e propria, ma Scarpetta sapeva per esperienza che era meglio prendere delle precauzioni: il San Carlino per mezzo secolo aveva vissuto di parodie spesso contestate legalmente dagli autori scelti come bersaglio. L’autorizzazione scritta non venne, questo è certo, ma Scarpetta raccontò al processo che D’Annunzio l’aveva accolto affettuosamente nella sua casa in Versilia e addirittura aveva riso alla lettura del copione. Tant’è: alla prima al Teatro Mercadante, i dannunziani di tutta Napoli e oltre protestarono, urlarono e fischiarono finché all’inizio del secondo atto Scarpetta dovette interrompere la rappresentazione e recitare un altro testo dal suo repertorio. Il più acceso, in platea, pare sia stato Ferdinando Russo, uno dei maggiori poeti napoletani del tempo, autore di tante canzoni melodiche in dialetto di grandissimo successo: perché Ferdinando Russo abbia difeso la causa di D’Annunzio contro quella di Scarpetta è tutt’ora un mistero. Comunque la parodia non fu mai più ripresa (per la precisione, una quindicina d’anni fa Ugo Gregoretti mise in scena in una sola serata l’originale e la parodia, spettacolo dal quale risultava che tanto l’uno quanto l’altra erano piuttosto noiosi). Pochi giorni dopo la prima, Scarpetta fu citato in giudizio da Marco Praga per conto di D’Annunzio. Praga, un protagonista della Scapigliatura milanese, all’epoca era a capo della Società degli autori che cercava adepti per tutelare gli interessi degli scrittori in sede legale ed economica: la Siae del tempo, per intenderci. Società alla quale Scarpetta, autore di grande fortuna economica, non aveva aderito per non versare parte dei suoi «diritti d’autore».

Le pagine di Maria Scarpetta dedicate al processo si chiudono così:

Passò qualche anno, quando nell’Istituto Sieroterapico di Bologna, che mi avevano consigliato per la cura di una leggera scoliosi contratta in seguito allo studio del violino, m’incontrai con Gabriellino, il figlio del Poeta. Non ci conoscevamo, ma qualche amico comune c’indicò discretamente uno all’altra. E allora Gabriellino, sprofondato in poltrona, senza levarsi in piedi, mi rivolse improvvisamente la parola:

– Lei, signorina, è la figlia di Scarpetta?

Ed io sedendomi, quasi senza guardarlo:

– E lei, signore, è il figlio di D’Annunzio?

– Perfettamente. Nemici anche noi?…

– Niente affatto. Mio padre ha vinto. E alla vittoria segue spesso la generosità del vincitore…

– Ma la colpa di tutto ciò, sa, non è stata mica di D’Annunzio…

– Ah… no? E di chi allora?

– Di Praga. È stato lui a volere e a montare la faccenda. Mio padre non voleva saperne!



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